È ormai ben nota la versatile produzione di Antonio Calicchio come autore di testi di grande spessore filosofico, culturale e intellettuale, raggruppati in una prestigiosa collana che spazia entro i vasti confini del pensiero, in ogni sua accezione, fino ad attingere alle fonti remote dell’etica, illuminata dallo splendore della fede e coniugata con le istanze più profonde del diritto, la cui presenza segna il passaggio dell’uomo dallo stato di natura alla civiltà. Ciò che stupisce è la sua capacità – che definirei prodigiosa – di esplicare una così cospicua e naturale padronanza dei più vari settori del sapere da non mostrare, tra essi, alcuna frattura o iato, quasi che tra le molteplici tematiche trattate esista un’armonia interna che ne riveli la sostanziale unità.
Ed ecco allora che la sublime intuizione del Dio Uno e Trino, colta nell’insondabilità del dogma, viene a fissarsi e saldarsi con una visione escatologica dell’uomo e della sua storia, mai astratta, ma viceversa incarnata nella complessa problematicità quotidiana delle relazioni interpersonali, intrafamiliari, economiche, culturali e sociali.
Al centro di quest’orizzonte si pone lo ius, il diritto, inteso come volano di sviluppo e nobile centro ispiratore di ogni forma di civile convivenza. Le opere di Calicchio rappresentano un valore aggiunto, nonché una sorta di bussola regolatrice in un contesto culturale ormai caratterizzato da una deriva relativistica tendente a svalutare o a neutralizzare ogni movente etico, in nome di una mal intesa laicità e di un marcato settorialismo specialistico che troncano sul nascere l’afflato dello spirito relegandone i prodotti in un insieme di compartimenti stagni.
L’autore, viceversa, pone l’uomo al centro di ogni sua indagine, evidenzia le finalità del suo operare nel mondo e nella storia, ne sviscera i progressi, le stasi e le cadute.
Queste mie parole sono dettate da un’analisi accurata di tutti i suoi testi, anche di quelli elaborati nell’ambito di una vasta e variegata produzione pubblicistica. L’ultimo suo lavoro affronta un tema che solo apparentemente si discosta dalle altre opere della sua collana: l’interpretazione del testo.
Calicchio si addentra, con competenza e coraggio, per gli impervi sentieri della glottologia, già percorsi e affrontati, in maniera magistrale, da De Saussure, Chomsky e De Mauro, lasciando su di essi un’impronta di notevole originalità e l’inconfondibile marchio di un’intuitività illuminante.
L’ermeneutica non è semplice interpretazione di un testo letterario o di altra natura. Essa è, piuttosto, arduo tentativo di stabilire una fondata correlazione tra emittente e ricevente e – più ancora – tra significante e significato. Nella prima parte, il libro, dopo aver posto una chiara differenziazione tra lingua e linguaggio, affronta e analizza le varie teorie ed ipotesi sull’origine della lingua e sulle cause delle progressive trasformazioni linguistiche. Successivamente l’autore si sofferma con particolare attenzione sul linguaggio, inteso nella sua duplice valenza di strumento di espressione e di comunicazione. Inevitabile è il richiamo biblico alla Torre di Babele, come, del resto, alla teoria della monogenesi linguistica irriducibilmente contrapposta a quella della poligenesi. Dai profondi meandri di ere assai remote si passa, rapidamente, però, alla disamina delle dinamiche inerenti al rapporto tra l’universo dei segni e la vastità pressoché infinita delle loro possibili significazioni.
Un passo ulteriore è rappresentato da un’attenta e chiara analisi dei vari tipi di testo, nonché delle tecniche e delle varie forme che può assumere la critica testuale, nel quadro delle singole impostazioni metodologiche.
La maggior novità presente nell’opera è l’acutezza di Antonio Calicchio nel dare risalto, con fine animo di filosofo e di giurista, all’importanza del testo giuridico e soprattutto alla sua interpretazione, superando, in un’ottica paolina, la tradizionale discrepanza tra la lettera e lo spirito della legge. Per l’autore, è nel suo spirito che qualsiasi testo regolativo e normativo trova la sua vera ratio.
La terza parte dell’opera è riservata alle modalità operative della retorica e della neoretorica, vale a dire alle potenzialità del linguaggio in atto, e, a tal riguardo, al fenomeno dei cambiamenti linguistici, sia in chiave evolutiva che involutiva, e alle rinnovate tecniche nell’uso del linguaggio verbale.
La splendida monografia di Antonio Calicchio senza dubbio, nella sua agilità ed originalità, costituirà una pietra miliare nel prosieguo degli studi linguistici e costituirà la fonte di nuovi ed affascinanti sviluppi nel settore dell’ermeneutica specialistica e generale.
Pantaleo Cella
Ermeneutica e Linguaggio
Editore: Digital Press Edizioni
Collana: I libri di Antonio Calicchio
Pagine: 312
Anno di prima edizione: 2018
Prezzo: 19,00 €
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