Una psicoterapeuta e neonatologa dell’Università di Siena ha condannato, severamente, sul settimanale Left, la liceità morale e l’utilità pratica dell’“aborto postnatale”, quando l’uccisione del “soggetto che ancora non esiste come persona, produca dei ‘benefici’”. Ed infatti, la nascita, secondo costei, “viene concepita dalla ricerca psichiatrica come una cesura della continuità tra stato fetale e neonatale”. Prima il feto non sarebbe persona poiché mancante di una vera capacità psichica. Afferma che “l’embrione è una realtà puramente biologica … e il feto solo a partire dalla 24esima settimana acquisisce, per una maturazione cerebrale, una ‘capacità di reagire’”. Solamente a partire dalla nascita, “la realtà psichica emerge dalla materia biologica per effetto della stimolazione della luce, che attraverso la rètina attiva la sostanza cerebrale. Dall’incontro che così si realizza fra energia e materia – prosegue la psicoterapeuta – scaturisce dalla vitalità il pensiero, cioè la pulsione-fantasia che originariamente, ben prima della razionalità e della coscienza, costituiscono il senso e il valore del mondo umano”. Insomma – sostiene – è “la luce che ‘fa’ la persona”. Tutto ciò, però, ha il sapore della vecchia alchimia, e soprattutto segnala un problema fondamentale: i ciechi dalla nascita non hanno “pensiero”? Non sono persone?
30.05.2013